lunedì 29 dicembre 2008
Le Scaphandre e le Papillon
Jean Dominique Bauby a 43 anni è colpito da un ictus che compromette gravemente la struttura del Tronco dell'encefalo.
E' affetto da quella che in ambito medico viene chiamata "Locked-in Syndrome"(L.I.S.)
"non è affatto consolante, ma ci sono le stesse probabilità di cadere in questa trappola quante di vincere il superpremio alla lotteria.."
Completamente vigile, è affetto da una paralisi totale, che gli risparmia la palpebra destra, unico mezzo di comunicazione col mondo.
Non può parlare, e l'unica soluzione per interagire con gli altri è chiudere l'occhio sulla lettera desiderata, mentre l'interlocutore gli snocciola a memoria l'alfabeto opportunamente modificato con le lettere in ordine di frequenza d'uso nella lingua francese.
Questa estenuante procedura gli ha permesso di scrivere un libro sotto dettatura, che ha avuto la "fortuna" di poter vedere pubblicato, poco prima di morire per arresto cardiaco nel 1997, dopo due anni di L.I.S.
Ne è stato tratto un film, a mio parere davero bello, onorato da parecchi premi, che ripercorre la sua malattia attraverso il suo occhio e la sua angoscia.
prima di morire Jean-Do ha fondato l'A.L.I.S., l'association of the locked in syndrome., che ha sede a Parigi, dove viveva e lavorava come caporedattore della rivista Elle prima dell'incidente.
Ne avevo sentito parlare a lezione di Neuro si questa malattia, e dove facciamo tirocinio, ogni tanto capita di vederne qualcuno.
Pensare che un giorno mi potrò trovare a lavorare con pazienti del genere mi destabilizza, mi riempie di paura, mi entusiasma.
Anche se prego di non farmi contagiare dalla maledetta "compassione da malattia grave", e di diventare come quelli che se non c'è un che di eccezionalità, non si sentono abbastanza Superman.
Spero di riuscire sempre a riconoscere l'eccezionalità di un ottantenne emiplegico che torna camminare, anche se non è giornalista, anche se non uscirà un libro esaltante sualla sua storia.
(E,S,A,R,I,N,T,U,L,O,M,P,D,C,F,B,V,H,G,J,Q,Z,Y,K,X,W)
Il film rende bene, ma il libro è davvero sconvolgente.
E mi vien da pensare a Jean -Do, e a tutti i Jean-Do intrappolati nel loro pesantissimo scafandro, che magari proprio in questo momento, chissà dove staranno facendo volare le loro farfalle.
Mi vien da pensare alle famiglie di questi ammalati, ai malati di SLA sempre più numerosi, alla tremenda angoscia che li colpisce, alle loro vite che si racchiudono in una stanza che diventa scenario invariato della vita del malato per anni.
Mi fa pensare la sua irresistibile ironia.
Mi vien da pensare all'eccezionale capacità del cervello umano , alle famose Rappresentazioni Mentali, che tutt'altro che astratte e evanescenti, hanno tenuto in vita Jean Do, permettendogli di raccontarci la sua malattia.
A noi che siamo solo "schifosissimi esseri sani" , come disse il mio prof d'anatomia.
Mi vien da pensare che tutto sia così difficile, che il relativismo mi faccia sempre più schifo, e paura.
"Dietro le tende di tela tarmata un chiarore latteo annuncia l'avvicinarsi del mattino. Ho male ai calcagni, la testa come un'incudine e una sorta di scafandro racchiude tutto il mio corpo. La mia camera esce dolcemente dalla penombra. Guardo in ogni particolare le foto di coloro che mi sono cari, i disegni dei bambini, i manifesti, il piccolo ciclista di latta che mi ha mandato un amico la vigilia della Parigi-Roubaix e la forca che sovrasta il letto dove sono incrostato come un paguro bernardo nella sua conchiglia.
Non ho bisogno di molto tempo per sapere dove sono e per ricordarmi che la mia vita si è capovolta quel venerdì 8 dicembre dell'anno scorso.
Fino ad allora non avevo mai sentito parlare del tronco cerebrale. Quel giorno invece ho scoperto tutta in una volta questa parte maestra del nostro computer di bordo, passaggio obbligato tra il cervello e le terminazioni nervose, nel momento in cui un incidente vascolare ha messo fuori uso il suddetto tronco. Un tempo si chiamava "congestione cerebrale" e molto più semplicemente se ne moriva. Il progresso delle tecniche di rianimazione ha reso più sofisticata la punizione. Se ne scampa ma accompagnati da quella che la medicina anglosassone ha giustamente battezzato locked-in syndrome: paralizzato dalla testa ai piedi, il paziente è bloccato all'interno di se stesso, con la mente intatta e i battiti della palpebra sinistra come unico mezzo di comunicazione.
Ovviamente, il principale interessato è l'ultimo a essere messo al corrente di queste gratifiche. Da parte mia, ho avuto diritto a 20 giorni di coma e a qualche settimana di nebbia prima di rendermi veramente conto dell'entità dei danni. Ne sono emerso solo alla fine di gennaio nella camera numero 119 dell'ospedale marittimo di Berck, dove penetrano ora le prime luci dell'alba.
È una mattina come tutte le altre. Alle sette la campana della cappella ricomincia a segnare il fuggire del tempo, quarto d'ora dopo quarto d'ora. Dopo la tregua della notte, i miei bronchi intasati si rimettono a brontolare rumorosamente.
Contratte sul lenzuolo giallo, le mani mi fanno soffrire senza che io arrivi a capire se sono bollenti o gelate. Per lottare contro l'anchilosi faccio scattare un movimento riflesso di stiramento che fa muovere braccia e gambe di qualche millimetro. Talvolta basta a dare sollievo a un arto indolenzito.
Lo scafandro si fa meno opprimente, e il pensiero può vagabondare come una farfalla. C'è tanto da fare. Si può volare nello spazio e nel tempo, partire per la Terra del Fuoco o per la corte di re Mida, si può fare visita alla donna amata, scivolarle vicino e accarezzarle il viso ancora addormentato.Si possono costruire castelli in spagna, conquistare il vello d'oro, scoprire Atlantide, realizzare i sogni di bambino e le speranze di adulto..
Fine delle divagazioni, bisogna che inizi a comporre i diari di questo viaggio immobile, per essere pronto quando l'inviato del mio editore verrà a raccogliere il mio dettato, lettera per lettera.
Nella mente mescolo dieci volte ogni frase, tolgo una parola, aggiungo un aggettivo e imparo il testo a memoria, paragrafo dopo paragrafo."
Jean Dominique Bauby.
Berk-Plage luglio-agosto 1996.
Benny pensosa.
domenica 28 dicembre 2008
venerdì 26 dicembre 2008
Misery non deve morire.
Stavolta la trama la scrivo io, è il mio blog, non è serio copiaeincollare!
Allora, Paul Sheldon (richiamo a Sidney Sheldon, celeberrimo autore di romanzi rosa?!) è uno scrittore che ha raggiunto un grandioso successo grazie alla saga di romanzi che vede come protagonista Misery, una giovane ragazza che vive vicende amorose e non nell'ottocento.
Stanco di essere riconosciuto solo per Misery, decide di farla morire nell'ultimo libro della serie, che uscirà a breve.
Per accertarsi che la sua fama sia davvero slegata dal successo dell'eroina protagonista, scrive un nuovo romanzo, completamente diverso come genere, ma fa un incidente in auto mentre si sta recando a consegnare il manoscritto alla sua editrice.
Viene salvato nel bel mezzo di una tormenta di neve che lo avrebbe sepolto da una donna, che si rivelerà essere la sua più grande fan , oltre che un'infermiera in grado di rimetterlo in sesto.
Completamente immobolizzato a causa di fratture multiple alle gambe e in preda da atroci dolori, Paul comincia a notare comportamenti strani da Annie, che quando legge l'ultimo libro appena uscito, e apprende della morte di Misery comincia a torturarlo, fino a costringerlo a scrivere un proseguo, in cui ovviamente Misery in un qualche modo improbabile resuscita.
Telefoni staccati, isolato dalla civiltà Paul è in preda di una maniaca psicopatica che alterna momenti di adorazione a attimi in cui sembra impersonare "la punitrice di Dio"..un po' infatti mi ricorda Seven come genere di "cattivo".
Kathy Bates la amavo già da Pomodori verdi fritti, qua è geniale, Oscar più che meritato come miglior attrice protagonista.
Ah, mi ero dimenticata, è tratto da un film del King (stephen) del thriller, e ggiuro che merita come se non più di Shining.
Ho fatto più di una volta il classico "ooooohh" da respiro trattenuto da scanto, e ancora, mi son trovata un paio di volte raggomitolata nell'angolo del divano coi pugni rigidi,
amo fare di lavoro "guardare i film"
giovedì 25 dicembre 2008
Giù al Nord
Philippe è direttore di un ufficio postale in Provenza. Obbligato al trasferimento tenta di farsi mandare in Costa Azzurra e, per ottenere l'assegnazione, inscena un trucco che viene scoperto. A questo punto potrebbe temere il licenziamento. Invece gli accade…di peggio. Viene destinato all'ufficio postale di Bergues nel Nord-Pas de Calais. Non c'è nessuno che non lo compatisca, perfino un agente della polizia stradale lo commisera quando viene a conoscenza della sua meta. La moglie, caduta praticamente in depressione alla notizia, non lo segue. Giunto a destinazione tutto sembra così come era stato narrato. I locali parlano un dialetto pressoché incomprensibile, il cibo non è allettante e l'appartamento dove dovrebbe andare a vivere è privo di mobilio. Ma ben presto le cose cambiano. Philippe, grazie all'umanità del postino Antoine e dei colleghi dell'ufficio scoprirà che si può vivere (e vivere bene) anche al Nord ma come farlo capire a sua moglie?
Successo travolgente al box office francese questo film di Daniel Boom . Un successo quasi inatteso perché il tema non era dei più semplici: il pregiudizio e, soprattutto, un pregiudizio legato a una regione della Francia. Il Nord sopra Parigi (l'area di Lille) è considerato dai francesi un luogo buio, dove fa freddo e piove sempre abitato da gente rude, poco socievole e dai gusti strani. Per di più parlano un dialetto-lingua detto Ch'timi perché in quell'idioma la ‘s' francese suona ‘ch' e il ‘toi' e ‘moi' diventano ‘ti' e ‘mi'. Kad Merad nel ruolo di Philippe riesce a rendere perfettamente il disagio di chi parte con addosso il fardello del pregiudizio verso una destinazione in cui dovrà permanere per un non breve periodo. I primi incontri non faranno che rafforzare la prima impressione ma non si tratta che della facciata. La comprensione è possibile e si sviluppa grazie alle piccole situazioni quotidiane e ad un pizzico di commedia con qualche tratto di surreale (vedi la consegna a domicilio della posta con progressiva ubriacatura dovuta agli utenti ospitali).
Quello che alla commedia italiana riesce sempre più difficile fare sembra invece ancora possibile in Francia: coniugare il divertimento con l'umanità e con un messaggio non declamato e non didascalico. È ancora possibile conoscersi e comprendersi nonostante la sedimentazione di stereotipi. È sufficiente provare ad andare oltre, provare a capirsi. Magari anche arredando, con mobili presi qua e là, un appartamento e mangiando in piazza le frites. Boom, che è del Nord, da tempo attendeva il momento di poter lavorare su questi temi. C'è riuscito e il pubblico francese gliene ha dato calorosamente atto. Cosa accadrà da noi? Il glorioso doppiaggio italiano è chiamato al miracolo.
W guardare film da buona tradizione a Natale.
W i film francesi simpatici (siamo a quota 3)
Bello, bello, bello.
Benedetta Natalizia.
mercoledì 24 dicembre 2008
Buuh, fischi!
Non mi piace:
La Laura Morante e il suo essere perennemente incazzata, nevrotica, anche se le viene bene, i minuti di crescente agonia prima di sboccare in cui arrivo a formulare pensieri a dir poco catastrofici, perdere, gli istanti di fatica fisica pesante in cui non riesco a non concentrarmi su altre cose e ancora una volta formulo pensieri a dir poco catastrofici sulla mia esistenza, oppure elaboro mille motivi per smettere di giocare, e mille cose orrende che farei piuttosto di stare li a fare andare le gambe, il mal di pancia fottutissimo, il fatto che nella fachin facoltà che frequento non succeda mai di avere tempo per preparare decentemente un esame, e allora vai con la fantastica tecnica del ci provo..intanto la meritocrazia incombe sul mio futuro da proffessionista in cui non servirà a un cazzo spiegare che più di 24 ore al giorno non ne avevo disponibili, quando su 900 canali non c'è niente di decente e allora mi rincoglionisco a vedere E! entertainment, pensare che Robert Hoffman proabilmente non sarà mai mio personale, la nebbia di merda, guidare come un camionista, il traffico, il malditesta da cazzeggio, le situazioni obbligate, chi per chissà che motivazioni si prende la libertà di pensare che io sia fatta in un certo determinato modo senza prima accertarsene con la sottoscritta, murare, la maledetta carne greve, gli allenamenti di natale da culturisti, il risultare antipatica o in un qualche modo l'essere fraintesa, studiare sulle slide, pensare dopo ore di narrazione che potevo essere più discreta, puzzare, la maggior parte dei gruppi inglesini indie, la gioventù media, il cotechino e lo zampone.
BEnny assolutamente serena e prossima al Natale, che belessa.
mercoledì 17 dicembre 2008
sepoffà.
Ah i film italiani guardabili.
Ah, i film piacevoli davvero..
"Milano, primi anni '80. Nello è un sindacalista dalle idee troppo avanzate per il suo tempo. Ritenuto scomodo all'interno del sindacato viene allontanato e "retrocesso" al ruolo di direttore della Cooperativa 180, un'associazione di malati di mente liberati dalla legge Basaglia e impegnati in (inutili) attività assistenziali. Trovandosi a stretto contatto con i suoi nuovi dipendenti e scovate in ognuno di loro delle potenzialità, decide di umanizzarli coinvolgendoli in un lavoro di squadra. Andando contro lo scetticismo del medico psichiatra che li ha in cura, Nello integra nel mercato i soci della Cooperativa con un'attività innovativa e produttiva.
"La follia è una condizione umana" dichiarava Basaglia, psichiatra. "In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla". Prima dell'introduzione in Italia della "legge 180/78", detta anche legge Basaglia, i manicomi erano spazi di contenimento fisico dove venivano utilizzati metodi sperimentali di ogni tipo, dall'elettroshock alla malarioterapia. Il film di Giulio Manfredonia si colloca proprio negli anni in cui venivano chiusi i primi ospedali psichiatrici e s'incarica di raccontare un mondo che il cinema frequenta raramente, non tanto quello trito e ritrito della follia, quanto quello dei confini allargati in una società impreparata ad accoglierne gli adepti. Attenzione però. Il regista evita accuratamente qualunque tipo di enfasi, sfiorando appena la drammaticità senza spettacolarizzarla, in favore di un impianto arioso, ridente, talvolta comico, letiziando lo spettatore con una commedia (umana) che diverte e allo stesso tempo fa riflettere.
Se Pippo Delbono nel documentario Grido mostrava una via alternativa alla pazzia attraverso il teatro, Manfredonia tramuta episodi reali - e nello specifico la storia della Cooperativa Sociale Noncello - in fiction, trattando con la dovuta discrezione un argomento tanto delicato che appartiene alla storia dell'Italia, nel rispetto di chi convive con l'infermità mentale e di chi ci lavora. La sceneggiatura scritta a quattro mani insieme all'autore del soggetto Fabio Bonifacci non ha falle e permette agli attori di immergersi nella condizione dei loro personaggi con grazia. Sebbene Claudio Bisio dia un'ottima prova recitativa nei panni di Nello, Si può fare è il frutto di un lavoro collettivo che vede tutti gli interpreti (compreso il regista) impegnati a ricreare un ambiente credibile nel quale far muovere a piccoli passi un ensemble di "matti" talmente autentici da strappare un applauso."
Io per prima sono allergica ai temi da filosofia trattati da scemi compassionevoli.
Non è stato questo caso,
carino davvero.
Grazie Annabis.
Nota a piè di pagina:
Che belli cinema sopravvissuti di paese.
Alla fine tiro degli accidenti dal male al sacro però ..com'è a metà film vedere la pellicola che si sgranocchia, l'audio interrompersi e lo sfondo blu "INTERVALLO".
Anni ormai che non mi succedeva più, ventata di tradizione, ricordi.
E il mitico Sean Connery che è sempre lì alla San, e anche se ne strappa solo cinque di biglietti, lui da lì non si schioda!
lunedì 15 dicembre 2008
Fasten your seatbelt.
l'esta the freddo, pesca o lemon che sia, l'odore delle creme alla glicerina, tutto ciò che mi sa di pulito, il pensare che può succedere, anche se rarissimamente, che in questo preciso momento in cui io sto pensando a te, magari anche tu lo stia facendo, e mi piace pensare che in quel momento succeda qualcosa di magico, che siamo uniti veramente, po' come ha detto richard bach.
Mi piace il piumone, i paesaggi noiosi innevati, le melodie azzeccate, i complimenti grossi, le amiche che non riescono a non piangere quando arrivano a toccare un argomento tipo "bene che ti voglio", ubriache o sobrie , a ridosso o no di partenze importanti, di feste natalizie o compleanni che siano..
Mi piace l'ironia di Victoria, di Elio, di Zelone,di Albanese, della Duca, della Morri.
Mi piace ridere, ridere, ridere allo sfinimento.
Sorridere sotto ai baffi nella fase che precede l'addormentamento perchè per chissa che cazzo di processo mentale mi torna in mente l'immagine della Triz che corre e inciampa nel tappetino in palestra e rimane in piedi per un qualche miracolo della biomeccanica.
mi piace la genuinità che si legge in faccia a troppe poche persone, leggere e intripparmi, credere fortemente in qualcosa, fare mia una convinzione maturandola autonomamente.
Mi piace pensare che alcune cose non verranno mai dette, e mi piace perchè conferisce un chè di sacralità al segreto che condividiamo, mi piace essere circondata da persone che stimo, cazzo, che stimo prima di tutto. Mi piace anche un po' salutarle le due Tanzaniane, perchè quanto è vero che credo in quello che ci lega, così spero anche che un po' di quello che entrerà a loro, arriverà anche a me, in quel fantastico giro che è la condivisione di ciò che davvero hai in testa, nelle mani, nel corazon.
Mi piacciono le fotografie, il concetto di immortalare una persona, il fatto di poter fermare il tempo su un rettangolo colorato che tra qualche decina di anni si sarà caricato inevitabilmente di chissà quanti significati, ricordi, parole. mi piace quando succede che mi accorgo di avere tempo per iposarmi, mi piace jude law.mi piace crogiolarmi nel pensiero di avere ragione, e mi piace pensarle là, loro che mi son così familiari in tutto, ...là..come in un fotomontaggio.
mi piace stare lunghi minuti col mio gatto, e rendermi conto che è terapeutico per me. mi piace l'infinito mondo dell'arte, immergermi in capolavori.
Mi piace ben stiller, e vince vaughn, l'azzurro, il lilla, l'odore della macchia mediterranea e dell'ammorbidente della paola.
Mi piace The rotten apples appalla in macchina, così come ricordare momenti piacevoli, in cui mi era sembrato di vivere davvero.
Buon viaggio a chi all'alba parte per l'estate a qualche parallelo o meridiano cazzo ne so di distanza dalla city.
Buon viaggio Frache mie.
domenica 14 dicembre 2008
Colui che ciocca i piatti.
siccome l'ho utilizzato senza spiegare, e siccome ne ho parlato poco fa con Dave, e siccome è uno dei miei preferiti, mi trovo a spiegarvi il termine CIOCCAPIATTI.
Il nonno mi ha spiegato che la parola in sè si riferisce a colui che nelle bande di paese suonava i piatti, quindi una persona che senza troppe competenze musicali, fa un gran casino.
Da qui l'apostrofare "ciocàpiàt" un individuo che è nullafacente, o più precisamente , di quelli che fan tanto clamore poi però in soldoni non fan niente di che.
Nota: non so perchè, ma a proposito delle inimicizie tra vicini, sembra che questa "offesa" sia propria di noi fioranesi, da parte dei confinanti spezzanesi e sassolesi.
FIURANEIS CIOCAPIàT!!
mercoledì 10 dicembre 2008
Pisc yourself, ciocapiàt!
Che palle,
MA gli uomini di una volta dove sono finiti?
Quelli che anche se stai allo scherzo, capiscono che non ti devono trattare come un loro simile?
Quelli che anche se non vuoi per forza essere permalosa rispettano sempre e comunque la decenza della battuta (sesto assioma della pragmatica della comunicazione per chi se lo fosse perso)?
Bah, l'han capita quelle che fan le figacce.
Pardon il francesismo ma era per capirci.
Cioè ho davvero voglia di Galanteria, Kaiser.
E non parlo di cagate atomiche da galateo.
Di quella degli over sessanta che magari senza lessico forbito, con una esssse che la senton fino a sassssuolo, però ti dicon "prego signorina" tenendoti aperta la porta mentre entri in negozio.
E quanto è rispettoso quel "Signorina", mi riempie sempre il corazon.
Operai e contadini, mica avvocati eh.
Di quella che mentre passo a piedi, incontro i nonni di un mio amico d'infanzia che è na vita che non vedo, e scambiando due parole sorridono di continuo, e una volta che ci siamo salutati, mentre proseguo per la mia strada, prima di ripremere play nell i-pod sento lui sussurrare alla moglie "l'è propria na bela ragasa".
Ziovà, orgoglio rimpinzato da un complimento emiliano, genuino, che bello.
E gli operai Terun che fan manutenzione dove faccio lezione, che seppure casinari, magari soliti italiani di professione, volgari, che però mi vedono in fila alla macchinetta del caffè dopo di loro.
Uno si gira , sfila il caffè pronto e me lo dà.
"Ve lo offrò signorì, sennò cheffigura ci faccio?"
Poi eccoli,i buzzurri della tua età, che son capaci solo di evidenziare nella loro "homoerectus way"
la tua considerevole circonferenza cosce.
Ma pisciatevi addosso valà.
Neuro andata, bela belissima.
Ora posso pensare agli acquisti natalizi senza sentirmi in colpa verso il mio studio.
lunedì 8 dicembre 2008
After Afterhours.
Che mentre c'è da osare
Uccide lo spettacolo carnale
E l'anima brucia più di quanto illumini
Ma è un addestramento mentre attendo
Che io m'accorga che so respirare
Che sei il mio sovversivo
Mio sovversivo amore
Non c'è torto o ragione
E' il naturale processo di eliminazione
Forse se, forse se, porta ad esitare
Io vengo dall'errore, uno solo
Del tutto inadatto al volo
E anche se vedo il buio, così chiaramente
Io penso la bugia affascinante
E non mi accorgo che so respirare
Che sei il mio sovversivo
Mio sovversivo amore
Non c'è torto o ragione
E' il naturale processo di eliminazione
Lei è qua, lei è qua come, radioattività
Che mentre c'è da osare,
Uccide lo spettacolo carnale
Cinque pianeti, tutti nel tuo segno
Il fallimento è un grembo e io ti attendo
Mentre ti scordi che puoi respiraaAAAAAAAAreEEEE
Che sono il sovversivo
Tuo sovversivo amoreeeeeeeeee
Non c'è torto o ragione
E' il naturale processo di eliminazione.
Dentro Marylin-Afterhours
Bela per grande show, grande band, low cost, bella compa, vicinanza.
.MITISCI.
sabato 6 dicembre 2008
Petauro dello zucchero
Studiando, ovviamente mi partono i trip più trip intrippanti.
Ho la capacità di mantenere l'attenzione sulle fachin slide che mi ricorda alcuni lattanti al nido..
Uno dei trip che m'intrip da un po', e che ho già comunicato alla attonita Compa Multipla, è questo:
Secondo voi esiste uno che di lavoro fa "l'abbracciatore di animali?"
oppure
se non esiste..
secondo voi posso diventarlo io? alla fine di scuse per la teorizzazione ce ne sono na valanga tipo
- riabilitazione sociale dell'animale post-trauma.(abbandono, violenza, trauma motorio, ricovero, castrazione)
- riattivazione della propriocezione col metodo dell'abbraccio (potrei chiamarlo "hug method" che sa già più di scientificità)
- collaborazione con famiglie disperate per l'aggressività o l'apatia del loro Pet.
- collaborazione con ENPA LAV e chi più ne ha più ne metta..con casi difficili chiamerebbero me, ovvero La Terapista Animale Sociale.
C'è un però..
Io non è che me la senta proprio di abbracciare tutte le bestie della terra.
Con anni di formazione ovviamente pagata dall'ente studenti in giro per il mondo per incontare l'animale nel suo habitat..vedrò di specializzarmi in
-koala
-bradipi
-gatti
-panda
-oranghi
-orsi (bianchi e marroni)
-leoni (vedrò di specializzarmi in cuccioli o in adulti anestetizzati)
-scimpanzè
-criceti
-cavie
-ermellini
-cani
-petauro da zucchero.
-pinguino imperiale.
ecco qui devo precisare perchè tutti quelli a cui nominavo il pinguino imperiale..mi rinspondevano "ma dai che schifo bhh è viscido.."
cioè cosa ci posso fare?è un mio desiderio da anni, nei documentari resto a guardarli per ore, son belli cicciottelli con quella pancia gialla bellissima..
come sarebbe arrivargli davanti, guardarsi un po' per stabilire contatto poi abbracciarlo...ma daaai, bellissimoo!!
altra domanda che vi sarete posti..il petauro da zucchero??!
l'ho scoperto da poco..è fantastico..non posso non abbracciarlo..
ok basta, adesso studio.
Aoz
Neuro-psaico-BEnny
giovedì 4 dicembre 2008
martedì 2 dicembre 2008
Ava Adore
AVA ADORE
-SMASHING PUMPKINS-
ADORE (1998)
You'll always be my whore
You'll be the mother to my child
And a child to my heart
We must never be apart
We must never be apart
Lovely girl you're the beauty in my world
Without you there aren't reasons left to find
And I'll pull your crooked teeth
You'll be perfect just like me
You'll be a lover in my bed
And a gun to my head
We must never be apart
We must never be apart
In you I see dirty
In you I count stars
In you I feel so pretty
In you I taste god
In you I feel so hungry
In you I crash cars
We must never be apart
Drinking mercury
To the mystery of all that you should ever seek to find
Lovely girl you're the murder in my world
Dressing coffins
for the souls I've left behind
In time We must never be apart
And you'll always be my whore
Cause you're the one that i adore
And I'll pull your crooked teeth
You'll be perfect just like me
In you I feel so dirty
in you I crash cars
In you I feel so pretty
in you I taste god
We must never be apart
Inquietante, morbosa, capolavoro.
Bella Billie.
Grazie Fede.